Il naturismo e la teoria antropocentrica

di Beppe Miracapillo

Teoria antropocentrica

La teoria antropocentrica è una concezione filosofica secondo cui tutto nell’universo sarebbe stato creato in funzione dell’uomo e di conseguenza l’uomo ne sarebbe il centro (dal greco ànthropos=uomo e kéntron=centro). Ebbene, come appare evidente problema dell’antropocentrismo non è soltanto una questione religiosa, ma anche scientifica, poiché, oltre ai teologi, se ne sono occupati paleontologi, umanisti, biologi, chimici, fisici, astronomi, per
cercare di spiegare il mistero che è collegato alla comparsa dell’uomo sulla Terra.
Ma come si è arrivati alla formulazione del cosiddetto “principio antropico”? La scienza vi è arrivata formulando l’ipotesi che l’universo sarebbe “isotropico”, si presenterebbe cioè identico qualunque sia il punto di osservazione. Sempre dal greco, infatti, “ìso” significa uguale e “tòpos” luogo.

Pertanto, sulla base di questa ipotesi, non è stato difficile arrivare a porre l’uomo al centro dell’universo. Ovviamente, però, come accade per tutte le teorie, vi sono gli entusiasti e gli scettici. Del resto sul mistero dell’origine dell’universo sono stati spesi fiumi di parole senza che si sia potuto venire a capo di nulla. Si parla di un Big Bang iniziale, senza spiegare cosa ci fosse prima, da cui ne deriverebbe che l’universo si espande e si contrae in una sorta di “respiro” cosmico in cui i cicli di espansione e di collasso si ripeterebbero all’infinito.
L’argomento è senza dubbio molto interessante ma anche molto impegnativo e inoltre, per spiegare l’universo, le più diverse ipotesi sono state formulate sui vari tipi di universo possibili: l’universo infinito, l’universo finito, quello parallelo, quello a bolle, quello a spirale.

Al di là dell’ipotesi dell’universo “isotropico”, la scienza moderna è invece propensa a credere, per il calcolo delle probabilità, che noi non siamo la sola forma di vita presente nell’universo, rendendo così sterile l’ipotesi del principio antropico. Pertanto, quel “noi non siamo soli”, ipotizzato dagli scienziati in base a calcoli statistici, che recitano che su miliardi e miliardi di corpi celesti, galassie e sistemi solari ci potrebbe essere un’altra forma di vita intelligente, diventa più che plausibile. E di conseguenza l’idea dei molti scienziati che sostengono l’impossibilità che anche altri astri possano avere le stesse condizioni ambientali della Terra risulta essere una tesi forse errata. Ciò va detto anche se appare evidente che nessuno sa se in qualche angolo sperduto dell’universo ci possa essere un altro, o dieci, o cento astri come il nostro, oppure che noi siamo unici, come recita la teoria antropocentrica.

Comunque, se è vero che noi possiamo osservare soltanto la luce di una stella esplosa (una supernova) miliardi di anni luce fa, la cui luce quindi ha impiegato miliardi di anni luce per giungere fino a noi, è vero che noi potremmo osservare un corpo celeste non più esistente. Per cui se questa regola è vera, e non abbiamo motivo di dubitarne, è assiomatico affermare che probabilmente una parte dell’universo che noi vediamo in realtà non esiste. In sostanza, è come se noi vedessimo null’altro che una fotografia, una gigantesca fotografia cosmica.
A questo punto non è difficile comprendere che questo discorso vale anche per il nostro sistema solare la cui vita dipende dal Sole il quale fra quattro miliardi di anni diventerà una supernova. Ovviamente se ci fosse un altro pianeta Terra in un’altra galassia raggiungibile dalla luce per un tempo superiore alla durata della vita del Sole, l’ipotetico osservatore di quella ipotetica Terra di noi vedrebbe soltanto la luce di un mondo ormai scomparso. Pertanto, gli studi le teorie del Wesler, nel momento in cui afferma che “il sistema fisico diventa reale in quanto osservato a posteriori dall’uomo stesso”, ossia che l’uomo rende reale l’universo in quanto lo osserva, sono senza dubbio corrette perché supportate, oltre che dal ragionamento, da osservazioni rigorosamente scientifiche.

Per quanto riguarda i dubbi sollevati sul controverso argomento del Big Bang e l’enigma dei buchi neri i dubbi non mancano: non basta infatti affermare che tutto avrebbe avuto origine da quella primordiale esplosione iniziale senza chiedersi cosa ci fosse prima (dato che dal nulla non nasce nulla), e nemmeno ci sembra corretto aggiungere poi che la Terra sarebbe frutto del caso. Infatti, la teoria dell’esplosione iniziale, che avrebbe dato origine all’espansione dell’universo, ancora in atto, a cui alla fine seguirebbe il collasso e dal quale inizierebbe un nuovo ciclo con la creazione di una nuova Terra (cioè al verificarsi di quelle condizioni che hanno dato origine sulla Terra ad una forma di vita intelligente), poggia le sue basi sulla casualità dell’evento. Insomma, dal postulare la casualità dell’evento al dare per certo che l’evento si verifichi di nuovo, e con ossessiva ripetitività, ce ne corre.

Lo scrittore francese Michel Houellebecq, nel suo libro “Le particelle elementari” scrive in proposito:

Quando riflettiamo sugli eventi attuali della nostra vita, noi oscilliamo senza posa tra la fede nel caso e l’evidenza del determinismo. Quando invece si tratta del passato, non abbiamo più alcun dubbio: abbiamo la certezza che tutto sia svolto esattamente come, in effetti, doveva svolgersi

Pertanto, alla luce di questo ragionamento, dire che l’universo sarebbe un prodotto del caso, che la vita sarebbe nata per caso, che l’intelligenza e la coscienza si sarebbero sviluppate per caso, significa fare affermazioni perlomeno azzardate.

Teoria antropocentrica

Insomma, il mistero della vita, quello dell’intelligenza, della coscienza, ecc., ci conducono direttamente alla formulazione del concetto di Dio. In Occidente, l’antropologia cristiana, che è stata per lungo tempo prevalente, e che ancora oggi, nonostante un diffuso nichilismo, esercita la sua influenza, accordava un’importanza centrale alla vita umana per il semplice fatto che i cristiani credevano all’esistenza, all’interno del corpo umano, di un’anima. Sotto l’impulso del progresso di tutte le scienze, avvenuto nei secoli IXX e XX, abbiamo però assistito allo svilupparsi di un’antropologia materialista che, come risulta evidente dal significato letterale del termine, ha il suo punto debole nel suo basso profilo etico.

E quando si parla di etica ecco che entra in campo il Naturismo. Il Naturismo è una filosofia di vita che, ponendosi a metà strada tra la morale repressiva di un tempo e quella permissiva di oggi (entro certi limiti per quanto riguarda il nudo), esprime una morale diversa, un’etica naturale di fatto al di sopra delle mode del momento, tanto è vero che si dice che il Naturismo vero, ideale, è extrastorico. E questo perché la sua legge non è mai quella vigente in un determinato momento storico, essendo la sua legge valida in ogni momento. Pertanto il Naturismo non è mai condizionato da una legge esterna, ma è tarato sulla lunghezza d’onda della legge naturale.

Daniele Agnoli, uno dei pionieri del naturismo italiano, ha dato una bella e molto azzeccata definizione del Naturismo definendolo come “la scienza del limite”, quel limite che l’uomo non deve mai superare nel suo rapporto con la natura esterna, pena la distruzione del suo stesso habitat nell’illusione di raggiungere condizioni di vita ideali. “Analogamente, l’arte di vivere naturisticamente”, ci dice sempre l’Agnoli, “consiste nel rispettare la propria natura umana. E’ da questo aspetto che scaturisce la necessità di vivere secondo natura”. E per fare questo è assolutamente necessario avere il senso del limite, che significa moderazione nella fruizione di beni voluttuari per quanto riguarda il nostro corpo, e oculatezza nello sfruttamento delle risorse del pianeta. Per questo motivo risulta molto appropriata la definizione di Naturismo come “scienza del limite”.

Come si vede, da quanto esposto finora, parlare della teoria antropocentrica significa affrontare problemi notevolmente complessi. Ciononostante è necessario farlo per vedere come si colloca il Naturismo in questo discorso. L’osservazione di quel capolavoro che è il corpo umano, per esempio, la cui complessità è pari a quella dell’universo, non può non farci mettere in dubbio quel concetto di casualità che gli scienziati materialisti ci hanno propinato e ci propinano come legge certa e incontrovertibile. Altri scienziati infatti sostengono, per contro, che occorre una convergenza infinita di fattori e di coincidenze affinché un pianeta diventi sede di vita intelligente.

Sempre Daniele Agnoli, nel suo articolo “Il principio antropico in una prospettiva naturista” illustra molto bene il significato profondo che assume il Naturismo quando l’uomo viene considerato in una prospettiva di identità cosmica il cui punto di partenza è quell’identità personale perduta a causa della sconnessione tra il nostro corpo e la nostra mente, o se vogliamo tra il corpo e l’anima, per chi crede all’esistenza di questa.

Corpo e mente, mente e corpo, oppure corpo e anima e viceversa, sono le due facce della stessa medaglia. Dare più importanza all’uno, come fanno i materialisti, o all’altra, come fa la religione, non è per noi naturisti un modo corretto di procedere. L’articolo di Agnoli sopra citato, dando eguale importanza ad entrambi, ci ricorda che il Naturismo, attraverso la pratica della nudità, rappresenta il mezzo indispensabile per migliorarci, per elevarci, per trascendere noi stessi. L’affermazione della nudità come un diritto è il dato che contraddistingue il movimento naturista. Di altre tematiche il Naturismo non si occupa, non perché non siano importanti, ma semplicemente perché tutto il resto è implicito. Noi naturisti dobbiamo essere concreti: utopia e velleitarismo non servono al nostro movimento, ma dobbiamo mantenere intatta quella spinta ideale che ci anima. “Un’idea, senza un ideale muore”, è stato scritto.

Sempre Daniele Agnoli, sulla rivista “Naturismo”, tempo fa aveva scritto: “L’ecologista, l’amante della natura, cioè un vero naturista, non si comporta nei confronti della natura per interesse o soltanto per una vaga ammirazione di tutto ciò che la natura offre, ma perché vede nel nostro pianeta un luogo privilegiato, forse l’unico in tutto l’universo. La protezione della Terra, lungi dall’essere un fatto scontato, è quindi un dovere per l’uomo, come per noi naturisti è un dovere svincolare il concetto religioso di peccato e il concetto ateo di osceno dalla nudità“.
In sostanza, la teoria antropocentrica, ponendo l’uomo al centro dell’universo, con tutte le implicazioni filosofiche, scientifiche, etiche, umanistiche, che ciò comporta, solleva problemi molto complessi. Noi non siamo in grado di dire se il principio antropico costituisca la verità assoluta, quello che sappiamo è che il Naturismo, “movimento della luce”, e quindi riscatto dalle tenebre della non consapevolezza, pone l’uomo al centro della vita.