Di Elo Seminara

Tempo fa discorrevo con un amico – non naturista – persona di buona cultura, disponibile al dialogo, tollerante e attento alle tematiche ambientali. Tra una chiacchiera e l’altra, destreggiandoci fra una battuta ad un argomento più ponderoso, arrivando chissà come a parlare di Naturismo mi chiese: “Perché molti naturisti si associano? Che senso ha, per un naturista, iscriversi a un’associazione?”
La domanda mi sembrò arguta ed interessante.
Già, che senso ha associarsi per esercitare quello che in fondo è uno stato naturale come la nudità?
Riflettiamo. Non è che per mangiare, ad esempio una pizza, occorra o senta la necessità di associarmi ad una qualche ipotetica ed improbabile associazione?
Tralasciamo il fatto che anche in ambito alimentare vi sono sia associazioni serie, sia conventicole le più strane e diverse; tanto che per ridere potrebbero esistere, o potremmo anche fondarle noi stessi, La società del minestrone, gli Amici della pasta e fagioli, o l’Associazione Piemontese Mangiatori di Bagna Caoda, oltre magari all’Unione ‘Nduia Calabrese… tuttavia, scherzi e piaceri culinari e gastronomici a parte, la domanda del mio amico che, in sostanza riprende domande e questioni in diversi ambiti poste da taluni naturisti, pone un quesito vero al quale proverò a dare una mia risposta.
Al fine di sgomberare il campo da pregiudizi e possibili future obiezioni, per onestà intellettuale premetto che sono sostenitore dell’associazionismo in senso lato, anche se poi ritengo che ognuno possa, autonomamente e liberamente, praticare la propria attività in modo individuale.
Certo posso iscrivermi ad un’associazione di camminatori ma poi posso camminare da solo; allo stesso modo, posso iscrivermi ad un’associazione ciclistica ma poi scegliere di pedalare da solo o, ancora, partecipare ad un gruppo di lettura ma intimamente godere della lettura individuale.
Lo stesso dicasi nell’eventualità volessi praticare un’attività sportiva di squadra o di gruppo, nel qual caso, dovrei quasi obbligatoriamente tesserarmi presso qualche società. A mio giudizio il paragone regge anche nel caso del Naturismo; infatti non si tratta esclusivamente di stare nudi in solitudine, di nascosto, bensì di un’attività sociale, stare con altre persone, condividere. Ecco quindi che tutto torna.
A questo punto proverò allora a spiegare perché sono un sostenitore dell’associazionismo anche in ambito naturista. Chiariamo subito quello che potrebbe essere un malinteso di fondo: dobbiamo partire dal presupposto, fondamentale a mio parere, che il Naturismo non può e non deve considerarsi soltanto come un’attività ricreativa, sportiva o un hobby al pari che so dell’escursionismo o del modellismo navale anche se, purtroppo, per alcuni significa solo crogiolarsi al sole in riva al mare. Per me, ma fortunatamente anche per molti altri, è una cosa molto diversa, più importante e profonda.
Il Naturismo deve essere considerato ed è un modo di essere, uno stile di vita, e può essere interpretato anche come un’opzione culturale.
Meglio ancora sarebbe se riuscissimo a considerare il Naturismo e la nudità come lo stato normale dell’essere umano a cui, solo condizioni particolari, soprattutto climatiche, o di opportunità – sulle quali potremo disquisire in altro momento- dovrebbero costringerci a modificare.
Questo significa che la mia nudità, che auspico reciproca, non dovrebbe disturbare nel modo più assoluto il mio vicino di casa, né il postino che mi porta una raccomandata, né gli amici che vengono a trovarmi.
Ciò detto, se la nudità fosse uno stato normale di tutte le persone – uomini, donne, giovani, vecchi, belli, brutti, grassi, magri – non investita e caricata di significati tipici di un sistema culturale, per certi aspetti chiuso e repressivo e quindi non presa in considerazione solo per attività di natura sessuale, effettivamente non avrebbe senso associarsi ad alcunché. Purtroppo però non è così.
Quando si è minoranza o magari addirittura da soli, ecco che, a mio parere, sorge quasi un bisogno naturale di associarsi. Il raggrupparsi è un modo per ritrovarsi, unirsi, difendersi, nel senso di poter incontrarsi e stare serenamente insieme con altre persone con le quali condividiamo qualcosa.
Non voglio qui ripercorrere la storia del Naturismo, ma vorrei ricordare che le associazioni naturiste hanno diversi decenni di vita e che proprio grazie a loro, in tempi forse ancora più ostili, il Naturismo si è potuto diffondere. Oggi i luoghi naturisti, se pur non in modo esponenziale, si sono moltiplicati: ancora qualche anno fa, in Italia erano veramente pochi. Per moltissimi naturisti occorreva sobbarcarsi lunghi viaggi per trovare un luogo, gestito da qualche associazione, dove poter stare tranquilli e sicuri.
Le associazioni avevano iscritti che spesso, anche per sfuggire alla riprovazione sociale, non manifestavano ai profani il loro essere naturisti. Allo stesso comportamento dei singoli, e non poteva essere diversamente, non sfuggivano le associazioni, che parevano quasi organismi clandestini, tanto era scarsa, al di là della rilevanza numerica il loro apparire, la loro volontà di palesarsi, di dare voce al movimento; erano insomma un luogo molto appartato.
Forse mi sto dilungando troppo, meglio fare un passo indietro, per riprendere il filo del discorso e rilevare come ognuno di noi può essere un naturista isolato, individuale ed individualista; ma è solo, e da solo “pesa” proprio poco, oserei dire nulla. Invece associandosi-associandomi, faccio e facciamo gruppo, faccio e facciamo numero e, ben lo sappiamo, i numeri contano e come contano!
Questo è il vero problema: i numeri contano, o meglio dovrebbero e dovremmo farli contare.
Quando nel 1981, per la prima volta aderii ad un’associazione naturista lo feci, oltre che per intimo convincimento, soprattutto perché, grazie al bollino apposto alla tessera, potevo frequentare i campeggi naturisti.
Al tempo non ricordo, e forse ricordo male, che si parlasse di altro: no raduni, no attività diverse, nessuna proiezione esterna. Insomma la tessera mi dava la possibilità di accedere alla “riserva indiana” rappresentata dal campo naturista. Ricordo che già allora ritenevo che un’associazione non dovesse servire solo a questo. Purtroppo però era così.
Da alcuni anni, questa triste realtà pare stia cambiando, vi sono segnali incoraggianti.
Saranno mutati i tempi, saranno modificati alcuni parametri sociali e culturali ma, fortunatamente, talune associazioni stanno cercando di squarciare il velo che separa il Naturismo dalla società, cercano di “sporcarsi le mani”, apparire, manifestarsi per quello che sono e che siamo, riuscendo anche ad intessere rapporti proficui e forse forieri di insospettabili e belle novità, con enti ed associazioni diverse.
Certo forse non tutte le associazioni si comportano in questo modo e non si muovono secondo queste linee. Il dibattito è aperto. Ma ribadisco, sono e resto un forte sostenitore dell’associazionismo naturista, che reputo essere l’unico strumento che, se ben utilizzato, potrà darci visibilità e farci assurge a pari dignità con qualunque altro movimento.
A questo punto sorge un ulteriore problema: a quale associazione naturista aderire? Ognuno scelga quella che preferisce, informandosi e documentandosi in via preliminare, per aver poi modo e strumenti per valutare e giudicare le opzioni culturali, le attività proposte, le scelte, la vicinanza, la coerenza e i risultati conseguiti.