
Per chi volesse conoscere la storia del Naturismo nella ex-Jugoslavia degli ultimi 50 anni, è disponibile in inglese su Amazon-Kindle un libro di Jerko Sladoljev, per decenni uno dei massimi responsabili di Koversada, uno dei primi e più grandi centri naturisti della ex-Jugoslavia, oggi Croazia.
Ecco, qui di seguito, alcuni brani di questo libro.
“Le origini del naturismo jugoslavo possono essere fatte risalire al periodo tra le due guerre, quando la costa adriatica attirava piccoli gruppi di naturisti tedeschi e austriaci alla ricerca di una natura incontaminata e di luoghi di vacanza appartati.
Poi, negli anni ’50 il naturista originario di Monaco Rudolf Halbig visitò Koversada, una piccola isola a sud del villaggio di Orsera, all’epoca un sonnolento villaggio di 800 abitanti con un’economia basata sul vino, l’olio d’oliva e le nocciole. La cooperativa agricola locale aveva da parte sua deciso di diversificare la propria offerta turistica costruendo alcune modeste pensioncine. Rudolf Halbig creò un’agenzia di viaggi chiamata Miramare per portarvi i turisti. Già nell’aprile 1961 si era posto l’obiettivo di attirare 400 naturisti tedeschi all’anno per periodi di due settimane. All’inizio, Koversada era conosciuta solo come un’isola con luoghi ameni per nuotare, negli anni successivi venne costruito un piccolo campeggio. I progetto si sviluppò poi prepotentemente: in un ampio terreno di fronte all’isolotto sorsero bungalow, ristoranti e impianti sportivi. Altri insediamenti lungo la costa istriana seguirono rapidamente la strada di successo di Koversada.
Ho cominciato a lavorare a Koversada nel 1968, e negli anni ’70 la Jugoslavia conobbe il boom del naturismo: il complesso di Koversada, sulla costa istriana, attirava in quei tempi migliaia di turisti.
Nell’agosto 1972, la Federazione naturista internazionale INF-FNI tenne il proprio 13mo congresso a Koversada, un complesso turistico della grandezza di una cittadina nei pressi di Parenzo, lungo la costa occidentale dell’Istria. Vi presero parte più di 250 giornalisti, per raccontare il primo incontro del genere in un paese comunista.
Circa 400 persone presero parte alla plenaria di apertura, dove venne issata la bandiera dell’ INF- FNI al ritmo dell’inno nazionale jugoslavo Hej Sloveni. Nei sette giorni successivi, i delegati discussero dei più diversi argomenti come i legami tra i gruppi nudisti in altri paesi comunisti o il pericolo che le riviste pornografiche rappresentavano per il movimento.
Il turismo nudista è stato uno dei tanti aspetti che hanno differenziato il comunismo jugoslavo dal modello proposto dal blocco sovietico. Durante gli anni ’70 e ’80, la Jugoslavia è stata una delle più importanti destinazioni per nudisti al mondo. Koversada, che all’epoca di maggior afflusso ospitava fino a 10.000 persone a stagione, era solo una parte di un arcipelago di località jugoslave che attirava circa un milione di naturisti ogni anno.Visitatori che portavano enormi benefici: il valore di eventi come il Congresso INF-FNI per il turismo jugoslavo e l’immagine del paese era incalcolabile: raggiungere un pubblico così vasto ci sarebbe altrimenti costato una fortuna.
Ma il naturismo è stato anche – durante la guerra fredda – un esempio di soft power. La Jugoslavia, che faceva parte del Movimento dei Non Allineati, trasmetteva infatti all’Europa occidentale l’immagine di un paese libero e tollerante, privo del puritanesimo dei suoi vicini del blocco sovietico. Era anche un modo per mostrare ai propri cittadini che vivevano in un sistema senza restrizioni e in un paese in cui gli stranieri erano i benvenuti. I giornalisti stranieri parlavano della Jugoslavia come di un paradiso naturista.
“Non appena si scende dalla barca, si è circondati da una natura meravigliosa in ogni angolo”, scrisse Armin Ganser del settimanale tedesco Die Zeit nel marzo 1972.
Nel 1978, l’allora Jugoslavia ospitava allora 25 spiagge per nudisti nei resort ufficiali, 34 spiagge autorizzate per nudisti fuori dai villaggi e 60 spiagge “selvagge” per nudisti che, sebbene non regolamentate, erano ben tollerate dalle autorità.
A causa del divieto di praticare nudismo in Italia, Koversada divenne una delle principali mete anche di italiani. Uno dei paradossi più inaspettati della Guerra Fredda fu che i dissidenti naturisti italiani vennero a godere della libertà nella Jugoslavia comunista. Uno di loro mi disse: “Ciò che conta non è quello che indossi, ma come sei. La mia esperienza mi ha insegnato che il 90% dei naturisti segue di più la morale dei non naturisti”.
Secondo il rapporto del 1978, l’85% dei turisti FKK era costituito da famiglie con bambini. Tuttavia, i campeggi naturisti differivano dai siti tessili per una regola: gli uomini potevano entrare in un campo naturista solo con una donna, mentre le donne potevano entrare da sole o in gruppo.
Il naturismo suscitò ben poche polemiche in Jugoslavia, dove era percepito come una logica estensione dell’industria turistica. All’inizio la gente non voleva mandare i propri figli a lavorare in un resort naturista. Ma quando emerse che si trattava di un lavoro di tutto rispetto, è stato accettato come normale e la gente del posto è stata coinvolta sempre più, anche perché il resort garantiva buone opportunità per vendere i loro prodotti o l’artigianato.
Negli anni ’80, i club naturisti jugoslavi contavano circa 50.000 membri, di cui almeno 30.000 erano sloveni. Gli sloveni sono sempre stati i più progressisti tra gli ex-jugoslavi.
Sono geograficamente i più vicini all’Occidente. Gli sloveni costituivano un quinto dei visitatori estivi a Koversada durante il periodo comunista. Oggi costituiscono il 15-18% della clientela.
Tre decenni dopo la scomparsa del comunismo jugoslavo, il naturismo rimane un segno distintivo del turismo adriatico. Tuttavia, la domanda di campeggi specializzati non è più la stessa. Fare il bagno e prendere il sole nudi è pratica molto più comune tra i turisti attuali e, a condizione che si sia discreti, il nudismo può essere praticato anche al di fuori delle aree designate. Vi sono ancora spiagge per nudisti in Croazia, con le lettere FKK dipinte sugli scogli lungo la costa. Ma ai nostri giorni i campeggi naturisti, pietra miliare del turismo nazionale da quasi 60 anni, vengono gradualmente trasformati in “glamping” o parchi avventura per famiglie in cui i nudisti sono confinati in un’area isolata. Koversada esiste ancora oggi, ma i suoi giorni sono contati: l’attuale proprietario, il gigante del turismo locale Maistra, ha annunciato la trasformazione del sito in un più generale resort per famiglie.
Il numero di naturisti non sta diminuendo, è solo che i campeggiatori naturisti non spendono tanti soldi quanto i campeggiatori tessili. La stagione del campeggio è breve, anche in un paese mediterraneo come la Croazia. L’unico modo per i proprietari di aumentare i profitti è attrarre i turisti che spendono di più ed i novizi. Oggi la tendenza globale è quella di inserire quante più novità possibili: case sugli alberi, appartamenti sott’acqua o che ruotano a seconda del sole.
I campeggiatori naturisti sono più fedeli dei glampers. I naturisti hanno spesso un campeggio preferito in cui ritornano regolarmente. Per molte persone, naturisti compresi, campeggiare significa avere sempre qualcosa da fare: lavare i piatti, controllare i tiranti, pulire la canoa… Oggi, con il glamping, abbiamo appartamenti modernissimi, perfettamente attrezzati, non serve alcuna attrezzatura da campeggio. Si può arrivare in Croazia in aereo con nient’altro che una valigia.
Ma nel contesto post-Covid19, molti credono che saranno i fedeli campeggiatori dell’Europa centrale a guidare la rinascita dei campeggi naturisti in Istria, piuttosto che il jet-set in cerca di esotismo proveniente da paesi più lontani. L’idea del campeggio come stile di vita nella natura e all’aria aperta non scomparirà presto.”