di Valerio Rupo

Da qualche settimana, in un’atmosfera di grande apprensione per ciò che ci riserverà la prossima estate, i titoli dei giornali si rimbalzano il termine “turismo di prossimità”, nella speranza che la pandemia di Covid19 non ci costringa entro le mura di casa perfino con i 40 gradi di luglio. Una modalità di turismo che potrebbe rilanciare le località nostrane anche presso gli Italiani, perlomeno quelli che non sempre si dimostrano consapevoli dell’attrattiva turistica e culturale del nostro Paese.
Se il termine “prossimità”, da solo, in momenti in cui domina l’imperativo sacrosanto del distanziamento ci fa sorridere amaramente, affibbiarlo al concetto di “turismo” dovrebbe come minimo affermarne le implicazioni sociali. Implicazioni che al Naturismo sono (o dovrebbero) essere ben note. In altri termini, Naturismo non soltanto come turismo ma anche e soprattutto come modalità di vivere in natura e in condivisione con altre persone.
Un Naturismo di prossimità è possibile in Italia? Se le oltre 100 strutture naturiste e circa 80 spiagge ufficiali francesi, legalmente riconosciute come naturiste, e le centinaia di spiagge spagnole dove praticare il Naturismo lo consentirebbero (per non parlare della trentina di spiagge naturiste della piccola Croazia, o degli spazi naturisti nei parchi cittadini svizzeri e tedeschi di Zurigo, Monaco di Baviera e Berlino), da noi non è altrettanto facile per la minore disponibilità di spazi dedicati.
Ma il concetto di prossimità si può intendere non solo geograficamente ma anche socialmente.
Chi scrive è un Naturista ufficiale soltanto dal 2013, una delle certezze che l’aver sperimentato più volte la «pratica della nudità in comune» ha portato all’evidenza, è che un certo grado di prossimità di tipo sociale è più che necessario per vivere il Naturismo. Vivere nudi con gli altri significa non avere veli né maschere, oppure, per usare un’altra analogia efficace, comportarsi in totale naturalezza. E la nudità condivisa, che si manifesta nel non uso degli indumenti, potrebbe avere molto a che fare con la riscoperta di quella comunità condominiale che le iniziative solidali degli ultimi periodi hanno generato.
E se la pratica del Naturismo è intrinsecamente legata alla socializzazione, oltre che all’“associazionismo”, si potrebbe pensare il turismo del futuro come meno improntato al singolo individuo-viaggiatore, anzi decisamente rivolto alla condivisione collettiva di esperienze. Come il Naturista condivide lo spazio nel «rispetto degli altri e dell’ambiente», l’esperienza di un Turista di prossimità non dovrebbe limitarsi alla consumistica sequenza prenotazione-villeggiatura-rientro, ma calarsi in profondità, in «armonia con la natura» – sempre per citare lo statuto INF.
Con ciò non si vuole esprimere l’improbabile eventualità che il turismo dell’immediato futuro si trasformi in Naturismo; semmai, potrebbe essere l’occasione per alzare la mano ed elevare la pratica del Naturismo a modello di turismo culturale, socializzante e sostenibile.
Certo, non mancano altri esempi di simili pratiche collettive, che come già proposto su queste pagine potrebbero essere suggestioni interessanti anche per i Naturisti stessi: nel contribuire a una definizione futuribile di “turismo di prossimità” l’esperienza Naturista potrebbe avere una voce di rilievo.