Corpo nudo e disuguaglianza sociale uomo-donna

di Monia D’Ambrosio

Tratto dal libro dell’autrice “Il corpo nudo, sociologia della nudità”, edito da Sylvia edizioni nel 2008.

Corpo nudo
Iconoteque du Dr. Lartigue
Iconoteque du Dr. Lartigue 

Parlando del corpo, la prima evidente distinzione è quella tra uomo e donna.
Al momento della nascita l’unica differenza di genere è data dal sesso del neonato e nient’altro, ma già da quel preciso istante, a seconda del sesso del nascituro, chiunque gli venga a contatto assumerà un atteggiamento rivolto, anche inconsciamente, a marcare la distinzione maschio- femmina, indirizzando così la formazione della sua personalità in base a una rappresentazione di genere in quel momento data esclusivamente da una diversità fisica.
Basandosi sulla differenziazione biologica tra uomo e donna, si perviene a una distinzione culturale di genere fondata sull’uomo soldato e sulla donna madre. Le donne, in quanto sessualmente diverse dagli uomini, per essere riconosciute come soggetti portatrici di diritti e avere pari opportunità rispetto a essi, devono essere come gli uomini, pena la negazione del diritto di autonomia.

La costruzione culturale del corpo ha creato differenze tra i sessi nella formazione della personalità: mentre la donna viene concepita come mero oggetto sessuale, oppure considerata esclusivamente come riproduttrice per la perpetuazione della specie, l’uomo, con la sua fisicità, viene eletto a soggetto forte, colui che ha potere: è chiaro che ciò influisce sui diversi percorsi di crescita e sui diversi modi di esprimersi attraverso il corpo. Nelle società che operano una marcata distinzione maschio/femmina su base eminentemente fisica, accade che differenze anche minime nella concezione del corpo finiscano per influenzare pesantemente il significato di maschio e femmina, portando inevitabilmente alla discriminazione sessuale.
Le differenze di genere sono dunque un fortissimo prodotto della cultura sociale, che traduce la sessualità biologica in presunte differenze nella capacità di svolgere le attività umane con conseguente divisione del lavoro tra uomini e donne, creando quindi ad hoc differenze di genere tutt’altro che stabilite dalla natura.

Tuttavia, vi è molto di più di una semplice divisione di compiti tra i due sessi: le differenze fisiche tra maschio e femmina, insite nei caratteri sessuali primari e secondari, sono oggetto di tabù ancestrali; gli attributi sessuali, oggi mercificati, sono quasi sempre totalmente nascosti, oppure (malamente, n.d.r.) ostentati in un gioco di vedo-nonvedo socialmente accettato.
L’accettazione del nudo-naturismo implica il superamento dei tabù che fanno vergognare gli individui della loro identità sessuale, e demolisce la costruzione culturale di genere nei termini di superiorità/inferiorità, tornando piuttosto al concetto di persona, ricollocando la diversità sessuale nella sfera biologica.
La società attuale, ancora in larga parte maschilista e patriarcale, non può accettare il nudo- naturismo (il nudo naturale, n.d.r.) perché l’uomo, che ancora oggi si sente superiore alla donna, vede quest’ultima come un bene di suo possesso in ambito famigliare: viceversa, la degrada a oggetto quando liberamente essa si espone nella pratica del nudismo, classificandola magari come prostituta, non potendo ammettere che la donna viva il proprio corpo e la propria identità sessuale liberamente e non in funzione del maschio.

Ma la donna non può avere il tabù del corpo, in quanto la repressione della visibilità del corpo nudo è tutta maschile. E’ la donna, infatti, che da sempre pensa alle necessità del corpo dei membri della famiglia, dei bambini, dei vecchi e dei malati: nutre, pulisce, veste, accudisce, si occupa del loro corpo.
E così, specialmente la donna, che tanta dimestichezza ha con il corpo, si trova a vivere la propria corporeità come se fosse altro rispetto alla sua stessa personalità, in una innaturale disunione corpo-mente, dato che il corpo della donna, nella cultura patriarcale, altro non è che un mezzo per il piacere dell’uomo e per la procreazione.
L’uomo maschilista crede che la nudità della donna sia a suo uso e consumo; la nudità femminile (malamente veicolata nel vedo-non vedo sopra citata, n.d.r.) attrae nelle pubblicità e nelle copertine delle riviste, che con questo espediente inducono più uomini ad acquistare, perché ne sono inevitabilmente attratti.

Essendo preclusa dalla società la convivenza naturale con la donna senza le vesti, il maschilista viene attratto in maniera deviata dal nudo femminile, restandone affascinato e temendolo al tempo stesso. Nei riguardi della propria compagna non può che essere geloso della sua eventuale nudità naturale, e non ne ammette la nudità agli occhi degli altri; la pretende addomesticata, mentre lui si compiace di vedere altre donne nude, spesso magari in situazioni e atteggiamenti volgari. I caratteri sessuali femminili sembrano dunque relegati a due ambiti dicotomici: il letto e la prostituzione.
L’uomo maschilista non si spoglia neppure lui, benché ciò possa apparire in contrasto con quanto finora affermato: l’atteggiamento di svalutazione che molti uomini hanno verso le donne è un tentativo inconscio di controllare una situazione in cui si sentono in posizione di svantaggio, oppure cercano di attenuare il minaccioso potere della donna incutendo paura, fisica e/o psicologica, in maniera conscia o inconscia, o con l’ostilità, entrambe volte a un atteggiamento di dominio che ha lo scopo di sottometterla.
Si tratta dunque di un’eccessiva sessualizzazione del corpo, che evidenziano innaturalezza e affidano alla mera fisicità le zone erogene, esaltandole o mortificandole in maniera esagerata.