
Ma non c’è più tempo, perché più aspettiamo e più questa possibilità di limitare i danni svanisce.
Rispettare l’ambiente quindi per rispettare noi stessi, per dare e per darci un futuro vivibile. Come mai molti oggi non comprendono che, distruggendo l’ambiente distruggiamo noi stessi?
Da predatori abbiamo invaso tutti gli spazi del Pianeta. E lo abbiamo fatto in passato con mezzi modesti, oggi invece con una tecnologia dirompente, che accelera tutti i danni che stiamo facendo all’ambiente. L’umanità non ha ancora maturato che, per la prima volta nella sua storia, o si pone dei limiti oppure porterà alla rovina la sua possibilità di sopravvivenza.
Il nostro Pianeta ha dimensioni e risorse limitate, e i dati, la realtà, sono sotto gli occhi di tutti: gli spazi vitali sono sempre più ristretti. E non intendo dire spazi di natura incontaminata, perché ormai incontaminati non sono più nemmeno i fondi degli oceani e le vette delle montagne più alte, ma spazi dove almeno i livelli di compromissione non siano totali.
Però, anche se ne è stato annunciato un altro in settembre, mi sembra che la tensione sociale su questi problemi sia troppo bassa: sono passati sei mesi e non è successo ancora nulla di concreto.
Possiamo fare molto!
Sono i consumi che incidono sull’ambiente. Ci sono quattro grandi settori dove ognuno di noi può dare il suo contributo al clima e all’ambiente: la casa, i trasporti, il cibo, e quello generico dei nostri consumi personali. La casa è un grande colabrodo energetico. Sono pochissime oggi in Italia le case che sono state riqualificate dal punto di vista dei consumi energetici. Si può fare con la casa di proprietà, ma anche se si sta in affitto in un condominio. Oggi ci sono, con gli ecobonus, le modalità amministrative per avere uno sgravio fiscale per l’isolamento termico, i vetri doppi, nuovi mezzi di riscaldamento come pompe di calore, pannelli solari, fotovoltaici e così via.
Il secondo grande asse è quello dei trasporti: come ci muoviamo e perché ci muoviamo? Ci muoviamo troppo e male. Quindi ridurre i trasporti inutili. Ad esempio, io da due anni ho scelto di non prendere più l’aereo, che è il mezzo più inquinante, per
futili motivi quali le vacanze. Scelgo posti più vicino a me, o prendo il treno: in Europa è possibile visitare tutte le grandi capitali con un viaggio in treno. Poi un’automobile piccola, non i giganteschi Suv che fanno 7 chilometri con un litro, ma una che ne fa 20 o 25. Se è possibile un’auto elettrica, ovviamente ricaricata con energia rinnovabile. Ripeto, dobbiamo cercare di sopprimere i movimenti inutili.
Oggi con il telelavoro e con mezzi quali Skype si possono evitare riunioni che fanno prendere un’auto, un aereo, un treno.
Il terzo grande settore è il cibo. Ridurre il consumo di carne, ridurre il cibo esotico, il cibo industriale. La produzione, il trasporto, il confezionamento del cibo rappresenta
il 25% delle emissioni globali, quindi anche a casa nostra, con le nostre scelte, possiamo fare la differenza con quello che mettiamo in tavola.
Infine il quarto settore, quello dei consumi dettati dalle nostre scelte di vita. Da questo punto di vista essere naturisti riduce sicuramente i consumi, a partire dal minor uso degli abiti. Gli abiti sono una voce importante dei consumi. Probabilmente i naturisti sono meno sensibili al terribile tarlo della moda, che fa buttare via abiti a manetta, anche se sono ancora buoni. Passano pochi mesi, ci si sente inadeguati e bisogna continuamente sostituirli con qualcosa di nuovo, anche se quello che si ha funziona ancora benissimo. Non dico che bisogna andare in giro come degli straccioni, però dobbiamo fare scelte più oculate su ciò che acquistiamo, una calzatura, un vestito.
E come gli abiti, c’è il telefonino, c’è tutta quella enorme quantità di prodotti che diventano inutili e che poi si trasformano in rifiuti, quindi in un altro dei problemi ambientali.
È un romanzo molto realistico.
I nostri processi industriali sprecano perché sono nati in un’epoca di sviluppo dove c’era abbondanza di risorse, di materie prime: negli anni ’60 del Novecento il petrolio costava meno dell’acqua, e quindi abbiamo messo su un sistema dissipativo.
Oggi è possibile cambiare una bella fetta di questi sprechi di materie prime e di energia. In questo modo si fa business, lo si sta già facendo. Moltissime industrie si accorgono che, con i prezzi crescenti dell’energia, con la tassazione ambientale che nei Paesi occidentali comincia a entrare, si può diventare più efficienti, e risparmiare, sprecando e inquinando meno.
Però non basta: una volta che uno ha tagliato gli sprechi, poi cosa facciamo? Il problema è proprio dell’economia in generale, non è più possibile basarsi su una crescita infinita in un Pianeta finito. Deve cambiare il modello economico, il Pil non può essere la nostra ragione di vita.